critica

Luigi Profeta è nato a Milano il 13 luglio 1969, vive e lavora a Cormano (MI)

Fin da ragazzo la sua vena artistica, lo porta a sperimentare molte forme d’arte, dalla fotografia, suo primo grande amore, alla scultura e alla pittura. Negli anni 90’ apre un laboratorio di maglieria con sua moglie Rossella, dove disegna capi e modelli che

La sperimentazione di Luigi Profeta si costruisce su geometrie nette e superfici polimateriche, che dividono lo spazio tramite sagome dai contorni precisi, contrassegnate da un colore o da un motivo specifico.

 Le cromie che appaiono in questi lavori sono forti, incisive, accostate in molti casi a lastre di materia metallica. Il suo comporre è sempre calibrato, ordinato e razionale - anche quando gli spazi appaiono gremiti di grovigli filiformi -  basandosi sulla dialettica tra forme e sostanze diverse, sull’alternanza di forme geometriche (cubi, parallelepipedi, sfere) che emergono in bassorilievo e, superfici piatte e monocrome, su cui elementi tessili giocano spesso di contrasto. Profeta rivela sapienza costruttiva negli accostamenti, dando vita a tensioni tra ordine e caos, tra istinto e ragione, dove anche parole e numeri diventano le tracce simboliche di un percorso laborioso e introspettivo, che si rivela nella testimonianza esplicitamente narrativa delle sue titolazioni. Le forme in cui si declina il suo percorso artistico ricordano le architetture primarie di certe costruzioni giocattolo, anche se qui nulla fa pensare a un intento ludico, né tanto meno al ritrovamento di un tempo perduto. Si tratta piuttosto di una ricognizione sulle origini della forma, e sulla purezza delle geometrie euclidee, esplorate come fonte primaria di comprensione delle regole che governano le forze della natura, e quindi anche come utopia di un apparato regolatore su cui ordinare i comportamenti umani.

Partendo da questo dato, diventa chiaro, sul piano metaforico dell’avvertimento esistenziale, il senso di queste opere e la potenzialità comunicativa del loro messaggio : la ragione geometrica che si traduce in forma, materia e colore, è il filo d’Arianna capace di eludere le insidie dei labirinti dell’inconscio.

 

Paolo Levi

 

Luci, geometrie e colori; le tele di Luigi Profeta sono un prisma le cui facce corrispondono a fasci di luce, che portano nell’onirico mondo da lui ideato. Un mondo dove le accese cromie si incrociano e si scontrano con ordinate forme geometriche, un perfetto connubio tra metafisica e dada, dove si sincera il ritorno all’ordine e la poetica dell’oggetto inutile. L’alternanza di forme geometriche diverse, come cubi e sfere, che appaiono in forma di bassorilievi, sanno creare un perfetto equilibrio tra pittura e scultura. Le sue opere, dunque, non sono semplice invenzione, ma sono costruzione e lavorazione. Oggetti apparentemente inutili o inutilizzabili, come corde, etichette o legnetti, diventano importanti protagonisti all’interno delle sue opere. Opere che vengono valorizzate dalle titolazioni, sempre studiate e mai banali, che palesano e rinchiudono nel quadro, con forza estrema, i sentimenti dell’artista. Sentimenti intimi e nobili che parlano di sofferenza, di difficoltà ma, soprattutto, di amore e di buon animo. I colori accesi, ben impressi nella tela attraverso sfumature forti e contrastanti, fanno da contraltare a una luce, grande protagonista delle sue opere, tersa eppure intima, domestica eppure distante, che tiene assieme le forme e le emozioni, avvolgendole in un liquido che fa convivere le realtà più incoerenti. Se poi, in alcune tele, sembra di percepire lo spirito distruttrice di Fontana, Profeta utilizza superfici lineari, rese ruvide da grumoli di colore, aprendo, come d’improvviso, una slabbratura su di esse; una ferita, uno squarcio profetico e dalla forte carica erotica, che attraverso un’apparente superficie calma e piatta, fa intravedere, più che un estro forte e dinamico, una piccola, fragile parte di sé. Come fantasmi, appaiono nelle sue tele, fotografie emulsionate, intese come memoria di un passato, che resta vivo nel presente e diventa proiezione di un ipotetico futuro. Sono spesso frammenti o ricordi del suo vissuto, che escono dalle sue tele per divenire realtà. Realtà di un’arte che si fa portavoce di verità, emozioni e sensazioni, che il fruitore assorbe prepotentemente, gode e pondera divenendo l’occhio stesso in cui l’occhio dell’artista si rifletta. Quella di Profeta è dunque un’arte audace, eclettica ed elegante. Si, perché la sua sperimentazione sa perfettamente giocare attraverso una composizione estremamente calibrata e rigorosamente ordinata. “L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta” e così, nei quadri di Profeta, è possibile passare al vaglia un’introspezione psicologica che si fa portavoce di una struggente necessità di comunicare il proprio inconscio. Un’eterna lotta, dove tutto torna. Un’eterna battaglia, tra conscio e subconscio, dove Ordine e Caos sembrano regolare la natura e i comportamenti umani.

 

Massimo Chisari

 

 

Irrequietezza. Bisogno costante di emergere da un passato importante a cui rimanere aggrappato con esile filo che non diventi zavorra però. Memorie coltivate affinché non svaniscano. Messaggi conservati e celati ad occhi indiscreti , protetti con cura sotto strati di materia e colori. Quel filo d’Arianna lasciato per non perdersi nel labirinto dei tormenti e ritrovare la strada verso la quiete , verso l’equilibrio fra ordine e caos. In Lui la materia, la terra , l’aria satura, il fumo, le colature, le crepe nel muro, il filo da suture per chiudere ferite circoscritte, segnate ed evidenziate. Offese alla terra, all’io, al tempo alla storia,  fuori dallo spazio, fuori dal cerchio per osare, per uscire da stereotipi e condizionamenti, spatola che aggiunge, salda, unisce. Ma anche messaggi affrancati, provenienti da un passato neanche tanto lontano, strappati per carpirne i segreti da condividere con uomini e donne resilienti. Istantanee, polaroid di un’epoca in cui nulla era dato per scontato, dove la più piccola conquista aveva il gusto amaro della bocca riarsa, dove assaporata la polvere ci  si rialzava sempre, ammaccati ma dritti in avanti comunque.

                                                                                                                  

Lo yin e yang.  

 

Dunque in queste opere. Un corpo,  un cosmo in miniatura, quale lente di ingrandimento del cosmo più “grande” detto natura. In essa c’è un ordine, un principio di flusso costante, in contrasto con il principio fondamentale che tutto muta. In un mondo moderno, fatto di apparenza, quando scienziati e letterati fanno a gara per sondare la psiche umana, incontriamo artisti visionari che sperimentano linguaggi visivi inediti, capaci di schiudere i regni dell’immaginazione e del sogno e far risuonare la voce degli stati d’animo.

 

Maria Luigia Lattanzi

 

 

Certi titoli di Luigi Profeta fanno pensare ai titoli dei film di Lina Wertmuller: non solo sono altrettanto lunghi, lunghissimi, ma ugualmente sfacciati, eccessivi, e a volte persino autonomi, apparentemente indipendenti rispetto ai contenuti visivi dell’opera. Un esempio eclatante? Come posso insegnare a te quello che io ancora non conosco. Sono titoli che entrano in rapporto con l’opera a cui si riferiscono con forza conflagrante: un rapporto dialettico, violento, inquieto, spesso ambiguo, ambivalente, fuorviante. In alcuni casi è una sola parola a marchiare l’opera a caratteri di fuoco: Atarassia, Cosmogonia, Autorigenerazione. Luigi Profeta è un artista coraggioso, a tratti temerario, che non teme di affrontare temi e questioni culturalmente rilevanti e che si mette in gioco in prima persona, dichiarando smaccatamente l’origine autobiografica di certe opere (Come un bambino messo all’angolo, Tutto quello che ancora ho da dire, Insperato amore), talvolta con una tale esibita auto-esaltazione da far sospettare una sottostante divertita provocazione autoironica. Alludo ad opere come Nascita di un artista, dove sparsi qua e là sulla tela, compaiono dei numeri che, facilmente ricomposti, rivelano la data di nascita del giovane autore. Un rebus di troppo facile risoluzione per non essere inteso come un gioco. Ma, intendiamoci, Luigi Profeta, come tutti i bambini del mondo, è serissimo quando gioca, e nel gioco mette tutto se stesso: tutto il suo cuore la sua mente, la sua storia, i suoi legami, le sue inquietudini, le sue intuizioni, le sue amarezze, le sue speranze, le sue fragilità, i guizzi spiazzanti della sua creatività…. E ogni volta che gioca, ogni volta che fa un quadro o una scultura, si gioca tutto, non solo tutto il suo mondo, ma tutto il mondo in assoluto. E in quel gioco, mentre cerca se stesso, ci aiuta a cercare un senso al mondo che ci circonda, un senso alla nostra storia. Voglio trovare un senso a questa storia, anche se questa storia….. E così dalla Wertmuller a Vasco Rossi il passo è breve.

 

Virgilio Patarini

 

Ci sono labirinti e luoghi della memoria nelle opere di Luigi Profeta. Ci sono materiali e manipolazioni nelle opere di Luigi Profeta, ne nasce una pittura nuova, moderna in cui si sente l’impegno umano e sociale. Non c’è rappresentazione ma la causa della contingenza umana interiore e si parte da un nucleo centrale, fotografico, che può essere il paesaggio, la città, da cui scaturisce la memoria, il ricordo ed ogni parte inserita collabora a scavare a creare un’occasione od anche a risarcire una ferita. La superfice del dipinto è un campo sul quale l’artista iscrive segni e simboli, un articolarsi di rilievi, di emozioni che si scandiscono come scatti di energia e come passaggi storici delle singole vite. Un modo di intendere e fare arte conseguenza di una lucidità interiore, di una invenzione umanistica che di continuo si rinnova. E poi c’è il labirinto della vita: un processo costruttivo di forme strette verticali e parallele anche interrotte, coincidenze di linearità e di ritmi su piani condizionati da valori liberi. L’effetto cromatico aiuta la stesura della materia. Senza dubbio la sensibilità di Luigi Profeta trova nel colore il completamento dell’espressione lavorando su un cromatismo ristretto a quello che offre il materiale di circostanza, salvo la parte centrale arricchita di colori sanguigni. Un itinerario oltre che un labirinto che da un iniziale contesto di situazioni scabrose tende verso una prospettiva liberatoria, verso un catartico equilibrio.

 

Giorgio Falossi

 

 

Fresche, immediate, coloratissime; queste sono le primissime sensazioni che ho recepito ammirando le opere di questo giovane nuovo talento dell’arte italiana. Scrutandole ancor più attentamente ho realizzato la necessità, inevitabile, di portare a conoscenza dei collezionisti e dei critici un’artista che sicuramente, nel panorama dell’arte contemporanea italiana, ha portato una ventata di freschezza e novità reale, suggestiva, affascinante e mai volgare, come da tempo non eravamo abituati a vedere. Le sue opere, piene di materia, oggetti, materiali vari, si prestano ad una attenta e ammirata contemplazione, hanno il potere di distogliere la mente dalla realtà immediata, avvolgendoci in una fantastica visione, piena di sogni e di pensieri; e più ammiri le opere più aumentano sogni e pensieri, fin quasi a portarti in un mondo tuo, costruito attorno a te e fissato indelebilmente su quelle tele. Luigi è un’artista pieno di temperamento, sicuramente da seguire e coltivare, ne beneficerà il nostro spirito e la nostra mente.

 

Giorgio Di Guglielmo

 

Noi uomini ci definiamo per le nostre esperienze e per le nostre scelte, entrambe collocabili lungo le direttrici della nostra esistenza disegnando un tracciato in continua evoluzione in cui la memoria e le emozioni del momento giocano un ruolo determinante. Le fotografie della memoria di Luigi Profeta, in bianco e nero per rendere la purezza assoluta di un’immagine in cui è il fruitore a dover aggiungere i colori del suo vissuto, rimandano ad un’esperienza del mondo che vibra tra il personale e il sociale. Da una parte c’è l’occhio dell’artista che indaga i luoghi della sua memoria, dall’altra ci sono angoli di mondo che parlano delle vicende di una società che è capace di abbandonare all’incuria la propria storia, di una natura forte che impone le proprie architetture apparentemente disordinate dove la mano dell’uomo smette di esercitare il suo controllo, di cuori sbalestrati dalla frenesia che cercano conforto nella ricerca di una conferma del proprio vissuto visitando luoghi conosciuti che hanno marcato loro passaggi formativi. La sensazione di nostalgia che così si viene a creare dovrebbe favorire l’insorgenza di un senso di vergogna tendente alla rinascita tramite l’azione. E così il desiderio di voler vedere rinascere certi luoghi si unisce alla spinta esistenziale di metabolizzare e superare i traumi personali che ciascuno custodisce nell’anima.

 

Alessandro Baito

 

La ricca produzione di Luigi Profeta trae linfa vitale da una continua tensione fra ragione e istintualità, così come tra orientamento al futuro e radicamento in un passato ancestrale. Questa tensione tra elementi chiaramente agli antipodi trova il suo equilibrio e insieme la sua ragion d’essere nel continuo sforzo di ricerca che l’artista riversa nelle proprie opere. Non si tratta di una ricerca puramente astratta, ma al contrario di una continua sperimentazione che parte dal contatto diretto con la materia. Materia intesa sia come complesso di materiali che l’artista forgia con la propria creatività, sia come vissuto interiore che è poi quello che, una volta analizzato e sviscerato, fornisce le motivazioni profonde ad un continuo rimettersi in gioco.

Luigi Profeta possiede la capacità davvero rara di partire ogni volta da zero di fronte alla tela. E’ come se l’artista volesse sfidare ogni volta se stesso per andare sempre oltre, come se quanto realizzato fino a ieri, in quanto acquisito, lo percepisse già superato. Una sperimentazione la sua che è scientifica ed emozionale al tempo stesso. Il che spiega l’equilibrio tra razionalità delle forme e istintualità cromatica che Profeta riesce a sviluppare come segno distintivo della propria arte. Non a caso nelle sue opere convivono allusioni a macchinari e tecnologie di tipo industriale così come richiami a simbolismi di matrice inconscia o primitiva. Ciò a dimostrazione della complessità del background culturale e psicologico di questo artista che non si risparmia in nessun caso mettendo a nudo la propria anima. Un impegno vissuto in senso assoluto, come totale dedizione di se stesso, anche nelle opere di piccolo formato (che molti grandi artisti si limitano a realizzare come semplice divertissement). Il che lascia presagire una tensione evolutiva che non avrà mai fine, verso livelli di eccellenza che ad oggi possiamo solo vagamente intuire.

 

Paolo Avanzi